Intervista a Daniele Gambarara

Docente di Filosofia del linguaggio all’Università della Calabria.
I motivi per rileggere Ferdinand De Saussure oggi. Un nuovo sguardo, filosoficamente e filologicamente critico del lavoro del grande linguista ginevrino. Il rapporto tra De Saussure e lo strutturalismo europeo e francese.

Intervista a Paolo Virno

Docente di Filosofia del linguaggio all’Università di Roma 3.
Uno dei più importanti filosofi italiani racconta De Saussure, e l’attualità del suo pensiero e del suo lavoro. Lingua e differenza, lingua come istituzione umana originaria, lingua in rapporto al mutamento storico e all’invarianza.

Documenti

Il ciclo di incontri di Istituzione e differenza di quest’anno si è concluso. Nella sezione “Documenti” si trovano tutti i materiali prodotti durante e attorno ai seminari:
- interviste
- gallerie fotografiche
- testi
- video
Vi invitiamo a consultarla attraverso questo link.

Istituzione e differenza

Il libro Istituzione e differenza. Attualità di Ferdinand de Saussure (ed. Mimesis, 222 pp., 18 euro), esito, continuazione e approfondimento del ciclo di incontri documentato e animato anche nelle pagine di questo sito, è disponibile in tutte le librerie e presso la casa editrice.

Gli studiosi di fama internazionale e giovani ricercatori che hanno partecipato al progetto propongono una ricerca libera dall’ipoteca strutturalista, un laboratorio spericolato capace di offrire strumenti utili alla comprensione del presente.

Istituzione e differenza sono le nozioni saussuriane a partire dalle quali questo volume sviluppa una traiettoria critica che eccede gli steccati disciplinari, combinando filosofia del linguaggio e antropologia, teoria politica e scienze della vita, economia e psicoanalisi.

Per ulteriori informazioni sul libro: www.mimesisedizioni.it

Photogallery – 16/05/2013 – “Laboratorio Saussure” #3

Istituto Svizzero, Roma

Photogallery – 02/05/2013 – “Laboratorio Saussure” #2

Istituto Svizzero, Roma

Photogallery – 18/04/2013 – “Laboratorio Saussure” #1

Istituto Svizzero, Roma

BORDIEU PIERRE

Pdf: Pierre Bourdieu – “Méditations pascaliennes” (Chapitre 4)

BARTHES ROLAND

Pdf: Roland Barthes – “L’avventura semiologica” (Saussure, il segno, la democrazia)
Pdf: Roland Barthes – “L’aventure sémiologique” (Saussure, le signe, la démocratie)

BRONCKART JEAN-PAUL

Pdf: J.P. Bronckart, E.Bulea, C.Bota – “Le projet de Ferdinad De Saussure” – (Chapitre 11)
Pdf: J.P. Bronckart, E.Bulea, C.Bota – “Le projet de Ferdinad De Saussure” (Conclusion)

HJELMSLEV LOUIS

Pdf: Louis Hjelmslev – “Saggi di linguistica generale” (pp 48-49)

MURARO LUISA

Pdf: Luisa Muraro – “Maglia o uncinetto” (Capitolo 1)

GIARDINI FEDERICA

Pdf: Federica Giardini – “L’alleanza inquieta”

DARWIN CHARLES

Pdf: Charles Darwin – “Descent of man” (pp 84-92)

ROUSSEAU JEAN JACQUES

Pdf: Jean Jacques Rousseau – “Discours su l’origine et les fondements de l’inégalité”

MORPURGO DAVIES ANNA

Pdf: Anna Morpurgo Davies – “Saussure and IndoEuropean linguistics” (in “The Cambridge Companion to Saussure”)

VALLINI CRISTINA

Pdf: Cristina Vallini – “Le point de vue du grammarien” (in “Cahiers Ferdinand De Saussure”)
Pdf: Cristina Vallini – “Problemi di metodo in Ferdinand de Saussure indoeuropeista” (Introduzione)

PERCIVAL W.KEITH

Pdf: W.Keith Percival – “Saussure on Etymology” (in “Sprachtheorie und Theorie der Sprachwissenschaft”)

LINDA MARKUS

Pdf: Markus Linda – “Elemente einer Semiologie des Hörens und Sprechens”

LACAN JACQUES

Pdf: Jacques Lacan – “Scritti – Volume I” (Relazione Roma 1953)

DE SAUSSURE FERDINAND

Pdf: Ferdinand De Saussure – “Corso di linguistica generale” (Capitolo 1)
Pdf: Ferdinand De Saussure – “Corso di linguistica generale” (Capitolo 3)
Pdf: Ferdinand De Saussure – “Corso di linguistica generale” (Capitolo 4)
Pdf: Ferdinand De Saussure – “Cours de linguistique générale” (Notes)
Pdf: Ferdinand De Saussure – “Saggi inediti di linguistica generale” (pp 7-15)

Interviste realizzate nell’ambito di “Animale linguistico e animale politico”

Intervista a Christian Puech, Docente di Linguistica, Universitè Sorbonne Nouvelle – Paris 3



Intervista a Rossana De Angelis, dottore di ricerca in Filosofia del linguaggio, Università della Calabria, Sciences du langage, Universitè Sorbonne Nouvelle Paris 3

Intervista a Sylvia De Fanti, attrice e attivista del Teatro Valle Occupato



Intervista a Francesco Lodati, studente di Filosofia, Università Roma 3

DE ANGELIS ROSSANA

Video: intervista realizzata a Roma, 19 aprile 2013

DE FANTI SYLVIA

Video: intervista realizzata a Roma, 19 aprile 2013

LODATI FRANCESCO

Video: intervista realizzata a Roma, 19 aprile 2013

DE MAURO TULLIO

Pdf: Tullio De Mauro – “Capire le parole” (Capitolo 5)
Video: intervista realizzata a Roma, marzo 2013
Testo: “L’instabile equilibrio della lingua” – intervista realizzata a Roma, marzo 2013

MONTANELLI MARINA

Video: intervista realizzata a Roma, 12 aprile 2013

KLEIBER CHARLES

Video: intervista realizzata a Roma, 12 aprile 2013

Intervista a Francesco Lodati

Studente di Filosofia all’Università Roma 3
Nel lavoro di De Saussure torna il concetto della lingua come condizione di possibilità per le altre istituzioni. Il concetto-ossimoro di “storia naturale” che rimanda all’unicità del linguaggio umano, in cui abbiamo la compresenza di un ambito invariante e di uno che riguarda invece tempo presente.

Intervista a Rossana De Angelis

Dottore di ricerca in Filosofia del linguaggio, Università della Calabria, Sciences du langage, Universitè Sorbonne Nouvelle Paris 3
La lingua è in una istituzione sociale diversa dalle altre, nelle parole di De Saussure, per il “principio di arbitrarietà del segno linguistico”: di qui la difficoltà incontrate da tutte le politiche su un “uso ragionevole” della lingua (connotazioni di genere della lingua, lingua politicamente corretta). La differenza tra l’istituzione-lingua e le altre, l’importanza di riscoprire il pensiero di Saussure nel comprendere l’interazione tra questa e le altre forme di istituzione sociale.

Intervista a Sylvia De Fanti

Artista e attivista del Teatro Valle Occupato
Il rapporto conflittuale e positivo tra il concetto “istituzionale” e immutabile della lingua, e il movimento della parole.
L’istituzione viene messa in pratica, la lingua non può esistere se non in una condivisione flessibile ed espandibile, in un “equilibrio che fluisce”.

Intervista a Christian Puech

Docente di Linguistica, Universitè Sorbonne Nouvelle – Paris 3
Il commento del professor Puech alla giornata di oggi e al lavoro di Ferdinand De Saussure.

Interviste realizzate nell’ambito di “La lezione di Saussure”

Intervista con Tullio De Mauro, Professore emerito dell’Università La Sapienza di Roma



Intervista con Massimo Prampolini, docente di Semiotica all’Università di Salerno

Intervista a Charles Kleiber, Presidente dell’Istituto Svizzero



Intervista a Marina Montanelli, dottoranda in Filosofia all’Università di Firenze

Photogallery – 17/05/2013 – Tavola rotonda “Per una teoria della differenza”

Istituto Svizzero, Roma

Photogallery – 03/05/2013 – Dibattito “La lingua come modello di ogni istituzione?”

Esc Atelier Autogestito, Roma

Photogallery – 19/04/2013 – Giornata di studi “Animale linguistico e animale politico”

Teatro Valle Occupato, Roma

Photogallery – 13-14/03/2013 – Convegno “Insegnare Saussure, studiare Saussure”

Università della Calabria, Cosenza

Photogallery – 12/04/2013 – Tullio De Mauro, “La lezione di Sasussure”

Istituto Svizzero, Roma

RAPARELLI FRANCESCO

Video: intervento convegno di Cosenza, 14 marzo 2013

LUMINATI MICHELE

Video: intervento convegno di Cosenza, 14 marzo 2013

ROBERT THOMAS

Pdf: Thomas Robert – “L’animal darwinien, l’homme saussurien et la filiation rousseauiste”

PUECH CHRISTIAN

Video: intervista realizzata a Roma, 19 aprile 2013

PRAMPOLINI MASSIMO

Pdf: Massimo Prampolini – “L’esattezza nella poesia e nella scienza” (in “Testi e linguaggi”)
Video: intervista realizzata a Roma, 12 aprile 2013

MAZZEO MARCO

Video: intervista realizzata a Cosenza, 14 marzo 2013

MARCHESE MARIA PIA

Pdf: Maria Pia Marchese – “Un inedito di Saussure sulla Legge di Verner” (in “Linguistica storica e teorica”)

LIBERMAN KENNETH
GAMBARARA DANIELE

Video: intervista realizzata a Roma, marzo 2013

FOREL CLAIRE

Video: intervista realizzata a Cosenza, 14 marzo 2013

FADDA EMANUELE

Pdf: Emanuele Fadda – “Lingua e mente sociale” (I, II, III Prolusione ginevrina) (Chapitre 4)

CIMATTI FELICE

Video: intervista realizzata a Cosenza, 14 marzo 2013

VIRNO PAOLO

Video: intervista realizzata a Roma, marzo 2013

Intervento di Francesco Raparelli

Ricercatore LUM – Libera Università Metropolitana
Il concetto di lingua come istituzione in De Saussure, una produzione dal carattere sociale e comune. E’ possibile pensarla come il modello delle nuove istituzioni possibili, quelle da inventare nell’epoca della crisi?

Intervento di Michele Luminati

Direttore dell’Istituto Svizzero di Roma
L’Istituto Svizzero e il suo progetto di ricerca su Ferdinand De Saussure: non una commemorazione rituale, ma un lavoro sulla crisi attuale a partire dalle idee del grande linguista svizzero. Con l’obiettivo di aprire uno spazio di lavoro transdisciplinare sulle trasformazioni in atto, tra istituzioni ufficiali e “luoghi di nuova natura”.

L’instabile equilibrio della lingua

Intervista a Tullio De Mauro, a cura di Francesco Raparelli


Il nome di Ferdinand de Saussure, in Italia come nel mondo, è legato a quello di Tullio De Mauro, e viceversa. La traduzione e il commento che proprio del Corso di linguistica generale fece De Mauro nel 1967 ha modificato il segno degli studi dedicati al grande linguista ginevrino. Quando e come avviene l’“incontro” tra De Mauro e Saussure?

Ho raccontato già più di una volta che per chi studiava all’Università di Roma Glottologia, dagli anni Quaranta fino ai Sessanta, l’incontro con il professore che all’epoca teneva quest’insegnamento, Antonino Pagliaro, comportava fin da i primi minuti di lezione l’evocazione del nome di Saussure e delle sue nozioni di langue, langage e parole, di sincronia e diacronia. Pagliaro, che parlava normalmente in piedi, immobile, usava però rompere l’immobilità per servirsi della lavagna e si volgeva verso essa, tracciando gli assi che ammiravamo molto, l’asse della sincronia orizzontale e l’asse della diacronia. E quindi questo nome, per noi che studiavamo e ascoltavamo le lezioni, era abbastanza ovvio, sin dall’inizio. Devo dire, come sa chi conosce la storia della cultura linguistica italiana, che la cosa era non comune in Italia e, per la verità, anche nel resto d’Europa; questo per motivi diversi, di persistente estraneità al Cours e alla linguistica saussuriana in Germania, e per un affiochimento della presenza di Saussure nella stessa tradizione francese, per tutti gli anni Cinquanta, fino all’inizio degli anni Sessanta. In Italia era inconsueto questo richiamo dato da Pagliaro come ovvio, il «distinto glottologo ginevrino» veniva chiamato, qualche volta, per non ripetere il nome di Saussure. Questo è stato il primo incontro, che ha determinato poi andare a cercare il Cours e leggerlo, a capirci qualche cosa.

A rafforzare questo incontro c’era l’insegnamento di un altro linguista meno noto, morto prematuramente, e rimasto all’ombra di Pagliaro: si chiamava Mario Lucidi. Era una persona di ingegno assolutamente straordinario, fuori dal comune, non solo eccellente linguista, ma anche matematico, logico. Lucidi aveva scritto un notevole saggio sulla nozione di arbitraire du signe: già in questo lavoro dei primissimi anni Cinquanta, e poi soprattutto nelle conversazioni, sosteneva quella che sembrava allora una tesi molto paradossale, strana, comunque isolata. Sosteneva cioè che, in alcuni passi celebri nella discussione sull’arbitrarietà del segno che si leggono nel Cours, gli editori dovevano avere equivocato le parole di Saussure. Insomma, poneva un problema di revisione del testo e di ritorno alle fonti. E ricordo la sua gioia quando arrivò in Istituto, nel 1957, una copia del libro, fondamentale tuttora, di Robert Godel, Le fonti manoscritte del Corso di Saussure. Libro che, pur con grandi cautele, rispondeva al bisogno di verificare, sugli appunti degli alunni che gli editori del Cours avevano avuto sotto gli occhi, la bontà del lavoro editoriale e avanzava qualche dubbio su alcune mancanze di riscontri precisi. Quindi le conversazioni con Lucidi sono state per me un secondo incontro.

Dopo l’incontro, di cui ci ha dato conto, la traduzione del Cours: quale la genesi di questa avventura decisiva per il suo percorso di ricerca e per gli studi di linguistica più in generale?

L’immagine che avevo in quegli anni di Saussure era quella vulgata tra chi in Europa e negli Stati Uniti si ricordava di Saussure. L’immagine di un linguista che insiste sul primato della langue rispetto alla parole, punto di vista che a me sembrava criticabile, perché accettavo le critiche fatte da Pagliaro. Ancora, nel 1963, mi è capitato di scrivere in Storia linguistica dell’Italia unita, che bisognava ribaltare questo punto di vista saussuriano: la lingua che schiaccia chi la usa, gli utenti della lingua marginalizzati. Questo era quello che si pensava e si diceva, e si è in parte continuato a dire, ma sappiamo che non era questo, anzi, diciamo che, francamente, era l’opposto del punto di vista reale di Saussure. Del resto sarebbe bastata una lettura più attenta dello stesso testo tradizionale del Cours per rendersi conto della cosa. Ma l’ipnosi dell’immagine di un Saussure teorico del sistema e, in nome di questo, disattento al ruolo della parola e degli utenti, era fortissima.

Forse avrei conservato ancora a lungo questa subalternità ipnotica all’immagine vulgata di Saussure se, per fortunate contingenze, non mi fossi messo all’opera per tradurre e commentare in italiano il Corso di linguistica generale. Fortunate contingenze, voglio ricordarlo ancora una volta, perché in una fase in cui sembrava, agli editori più attenti, interessante pubblicare libri di linguistica, dalla casa editrice Laterza mi fu proposto di pubblicare una traduzione del Cours. Io, a mia vergogna, risposi all’inizio sdegnosamente, dicendo che “chiunque ‒ ricordo di aver affermato ‒ in Italia si occupa di linguistica legge e pratica già il Cours”. Lì per lì l’editore Vito Laterza mi dette credito, però, dopo qualche settimana, insieme al suo direttore editoriale dell’epoca, che si chiamava Donato Barbone, tornò sventolandomi la letterina dell’editore Payot. Laterza non si era fidata della mia perentoria affermazione e aveva chiesto a Payot qual’era stata ed era la diffusione in Italia del Cours. In quegli stessi anni, i primi Sessanta, ricomincia in Francia la fortuna editoriale del testo saussuriano, che aveva avuto un lungo languore, grazie alle discussioni, anche contese, tra Martinet, Benveniste e Jakobson, che riaccendono l’interesse per il linguista ginevrino. Payot aveva fatto la sua brava indagine e aveva risposto che il Cours in Italia aveva venduto poco più di una dozzina di copie, tra la riedizione del 1922 e gli anni Sessanta. Questo spinse l’editore Laterza a reinvitarmi a tradurre e a commentare il Cours. A questo punto, per sue ragioni di latinista e di studioso, Robert Godel, che era venuto all’Istituto Svizzero di Roma per un periodo di studi, mi cercò, e io gli dissi che avevo questo impegno, e Godel stesso mi offrì la possibilità di contattare Rudolf Engler che stava preparando la sua edizione critica. Engler, con una generosità di cui non gli sarò mai abbastanza grato, mi mise a disposizione le bozze dell’intera edizione critica. Quindi ho potuto lavorare già disponendo dell’edizione Engler, e mettendola a frutto, anche grazie alle conversazioni con Godel, con Engler e con altri studiosi ginevrini e svizzeri dell’epoca, ho potuto orientarmi completamente, credo, nell’avvicinarmi al pensiero di Saussure. Ho finito il mio lavoro saussuriano nel 1967 e questo è stato l’inizio di un rapporto continuo col pensiero saussuriano.

Un mio alunno molto bravo, Giuseppe D’Ottavi, mi ha chiesto di recente se io non metto troppo De Mauro in Saussure. Non credo. Invece certamente mi piacerebbe che ci fosse molto Saussure nelle cose meno indecorose che mi capita di scrivere. Credo che non ci sia, nella linguistica, autore al quale mi capiti di tornare così spesso per cercare di capire qualche punto del suo mobile pensiero. Tra i non linguisti, in senso stretto, certo ci sono altri, a cominciare da Wittgenstein. Per continuare, naturalmente, col mio professore e linguista Pagliaro, ma devo confessare che torno più spesso sulle pagine di Saussure e, forse, anche su quelle di Wittgenstein che non su quelle di Pagliaro.

Perché proprio oggi, nonostante l’esaurimento dello strutturalismo, cultura europea che ha segnato il secolo scorso e che ha visto in Saussure un riferimento fondamentale, il pensiero del linguista ginevrino conquista una rinnovata e potente attualità?

Credo che i cambiamenti di atteggiamento o, come pomposamente si potrebbe dire, di paradigma negli studi sul e del linguaggio, siano importanti; come l’emergere di orientamenti diversi nella corporazione dei linguisti. Ma, nella loro lunga storia, gli studi linguistici sono debitori più che a soprassalti endogeni, ai grandi mutamenti, alle grandi spinte che vengono dalla vita delle società e dalle culture intellettuali complessive che si sprigionano da esse. Ricordo e ribadisco questo punto di vista, che mi permetto di avere perché ho l’impressione che Saussure possa insegnare molto più oggi che in passato, in un passato immediato. Perché? La forza degli eventi ha costretto, negli ultimi anni, i linguisti a ripensare un’idea che avevano in testa, quella di un doppio monolitismo: monolitismo del rapporto tra lingue e paesi del mondo; monolitismo della lingua in se stessa.

Si può documentare, guardando i repertori delle lingue del mondo degli anni Sessanta e Settanta, che per i linguisti era pacifico che in ogni paese ci fosse una lingua e una sola. Con l’eccezione della Svizzera. Insieme alle vacche, agli orologi, alle banche, la Svizzera si contrassegnava per questa stranezza di avere più di una lingua. Caso strano, ma isolato. Non solo la produzione di un grande repertorio col sistema wiki, e quindi con largo apporto e collaborazione di Ethnologue, ha cambiato le cose. Ethnologue è stato possibile perché le cose stavano cambiando, perché nella realtà, per tanti motivi, da rivendicazioni di natura politica e civile dei diritti delle minoranze, a tanti altri fenomeni oggettivi, era ormai chiaro che i paesi in cui si realizzava quella strana idea che avevano i linguisti (ad ogni paese una lingua, ad ogni lingua un paese) erano un’eccezione minoritaria e che la norma vedeva in ogni paese del mondo la compresenza di numerose lingue native. Insisto su questo, perché la grande ondata migratoria che si sta verificando in tutti i paesi del Nord del mondo, proveniente dal Sud del pianeta, sta portando ovunque una grande quantità di lingue non native diverse. E questo è sotto gli occhi di tutti. Così come è sotto gli occhi di tutti che in ogni paese, non solo in Svizzera, ci sono tante lingue nel senso ampio del termine e anche nel senso restrittivo, di lingue scritte, non solo di dialetti o dialettacci, come qualcuno qualche anno fa diceva. Insomma, è la realtà del multilinguismo che si impone. Una realtà ovvia, se appunto consideriamo che oggi le lingue vive del mondo, censite da Ethnologue, sono arrivate ormai a quasi 7.000 e che i paesi che hanno un seggio alle Nazioni Unite sono poco più di 200. Basta fare un conto per rendersi conto che qualsiasi paese ha in sé mediamente una trentina di lingue diverse. Certo, molte di queste sono dialetti, ma sappiamo che sono oltre 2.500 le lingue anche scritte, che hanno solidità e dignità non inferiore alle grandi lingue di circolazione internazionale.

Gli esiti anglosassioni dello strutturalismo europeo, penso al generativismo, soprattutto a quello degli allievi di Chomsky, tendono a fare di Saussure un oggetto da museo e si concentrano piuttosto sul presunto gene della grammatica…

Dunque multilinguismo, da una parte. Dall’altra, gli esiti dello strutturalismo e la forma estrema che lo strutturalismo ha assunto ‒ concordo nella definizione con Giulio Lepschy ‒ il generativismo chomskiano. Gli esiti di queste posizioni, strutturalismo classico e generativismo, hanno prodotto una grande quantità di descrizioni di lingue. E noi dobbiamo a questo, paradossalmente, la percezione sempre più accentuata del carattere tutt’altro che strutturale e generativo delle lingue. Ciò che è andato in crisi non è solo l’idea che ogni paese ha una lingua e una sola, ma anche l’idea che una lingua sia qualcosa di monolitico e di chiuso. Vediamo oggi, abbastanza diffusamente, e siamo in grado di darne conto, fenomeni di oscillazione continua nell’uso linguistico. Ci aiuta naturalmente, da qualche anno, lo sviluppo delle tecnologie. I linguisti, cinquanta anni fa, quando io oramai senescente cominciavo a studiare, avevano a disposizione fondamentalmente documenti scritti. Certo potevamo andare in giro a raccogliere l’uso parlato trascrivendolo, filtrandolo attraverso faticose trascrizioni. Insomma il mondo del parlato era un mondo magari vagheggiato, idoleggiato nelle prefazioni o nell’ideologia, ma in realtà la documentazione che avevamo era scritta, di tutte le lingue. Oggi ci aiuta molto la tecnologia che ci mette a disposizioni fiumi di documentazione del parlato. Per lo scritto ci aiuta naturalmente Internet, con masse sterminate di documenti per ogni lingua, per verificare, anche nello scritto, ciò che il parlato rivela in modo sfacciato e impudico: la natura oscillante, di campo di battaglia, tra tendenze opposte di ciò che diciamo una lingua. In altre parole ciò che chiamavamo una lingua, e i vecchi vedevano come qualcosa di monolitico, oggi tendiamo a vederla come la vedevano Hugo Schuchardt e Ferdinand de Saussure tra fine Ottocento e i primi anni del Novecento.

Se torniamo agli appunti più che al Cours, ma anche leggendo queste luci nuove che ci vengono dalla contemporaneità dei fatti linguistici, non dei fatti della linguistica, altrettanto, leggendo nuovamente il Cours come ci è stato consegnato dagli editori, emerge come Saussure dica ripetutamente che ciò che chiamiamo una lingua è un traguardo verso cui convergono o possono convergere in modo mutevole e contraddittorio i parlanti. La lingua è la sedimentazione idealizzata o idealizzabile di bisogni espressivi che animano le parole e l’esprimersi degli essere umani concreti. Specialmente nelle lezioni del III corso, Saussure è molto esplicito su questo punto, sulla natura di equilibrio instabile temporaneo che si realizza nell’incontro-scontro tra le tendenze che guidano i parlanti nel loro esprimersi e nel loro comprendere. E spiega anche bene che le lingue scritte, per tanti motivi, possono mascherare in parte la natura continuamente oscillante dei punti d’incontro, dei traguardi, cui tende l’uso dei parlanti effettivi di una comunità. Possono dare un’impressione di stabilità, nello spazio e attraverso il tempo. Ma questa impressione di stabilità è illusoria, è come il ghiaccio sopra un corso d’acqua, sotto c’è il fiume che scorre. L’uso mutevole, impetuoso e sempre diverso, dei parlanti, sta sotto la crosta di ghiaccio apparentemente stabile dell’uso scritto e ogni tanto non possono esserci altro che frane, che agli occhi dello storico dei fatti linguistici si presentano come improvvise e impreviste, laddove nell’uso erano già andate maturando le condizioni che soltanto poi vediamo emergere nelle lingue scritte.

Questa visione di Saussure, la lingua come limite verso cui convergono gli usi concreti dei parlanti, mi pare possa servire oggi come bussola per orientarci in ciò che sta accadendo nelle realtà linguistiche di tutti i paesi del mondo. Mi pare possa rivelarsi, cioè, una bussola utile, molto più della obsoleta immagine della lingua monolitica, della lingua algebra-immobile che ci consegnava lo strutturalismo classico, in buona parte, e il generativismo del giovane Chomsky e dei chomskiani degli anni Sessanta e Settanta del Novecento. In parte, anche per merito del loro sforzo di dare conto della lingua come un’aritmetica, tutte le eccezioni a questa visione sono venute in primo piano e credo siano sotto gli occhi di molti linguisti. Emerge così la necessità di una linguistica che sia in grado di aprirsi molto di più alla molteplicità di lingue coesistenti e ai fenomeni di oscillazioni che si accentuano per questa coesistenza.

Per concludere: Saussure può parlare, oggi, a chi vuole aprirsi alla descrizione e all’analisi dei fatti linguistici, più di quanto non potesse farlo in passato. La lettura di Saussure, secondo cui la langue come sistema finisce per schiacciare i parlanti, è perciò falsa rispetto ai testi saussuriani che sempre meglio abbiamo esplorato in questi ultimi Cinquanta anni. Ci si può chiedere perfino se tale vulgata non abbia potuto sussistere perché faceva corpo con la visione della lingua come monolite. Oggi quella visione della lingua non l’abbiamo più, sempre di meno fa presa su chi si occupa di linguistica e, quindi, si dischiude una nuova stagione per la lettura e l’uso del Corso di linguistica generale.

Intervista a Marina Montanelli

Dottoranda in Filosofia all’Università di Firenze

L’importanza della figura di Tullio De Mauro nella reinterpretazione del pensiero di Saussure, da teorico del sistema della langue a pensatore della molteplicità “intralinguistica”: ogni lingua ne contiene molte al suo interno. Lingua come convergenza momentanea in continua trasformazione a partire dalle pratiche di coloro che la parlano. Una riflessione anche a proposito dell’importanza delle nuove istituzioni della formazione e della ricerca dentro la crisi, partendo dalla “lingua come istituzione originaria”.

Interviste realizzate nell’ambito di “Insegnare Saussure, studiare Saussure”

Intervista con Felice Cimatti, docente di Filosofia della mente e della Comunicazione, Università della Calabria

Intervista a Claire Florel, docente di Linguistica, Universitè de Géneve

Intervista a Marco Mazzeo, ricercatore in Filosofia del linguaggio, Università della Calabria

Intervista a Charles Kleiber

Presidente dell’Istituto Svizzero
Istituzione e cambiamento: come la crisi riconfigura questi concetti, imponendo un disequilibrio che trasforma i modi di vita.
La città è lo spazio principale in cui si dispiega questo processo, uno spazio che le nuove istituzioni devono saper attraversare e agire.
In questo è fondamentale il ruolo della conoscenza prodotta collettivamente, attraverso una interazione complessa tra saperi scientifici, pratici e artistici.

Intervista a Massimo Prampolini

Docente di Semiotica all’Università di Salerno

Un commento al seminario “La lezione di Saussure” tenuto da Tullio De Mauro: a quasi cento anni dalla pubblicazione, il Cours de linguistique générale ci rivela ancora nuove prospettive di studio e di analisi sui processi linguistici.
L’incommensurabile varietà della lingua e il continuo movimento tra stabilizzazione e cambiamento, sempre all’opera nell’esperienza della quotidianità. Le analisi della linguistica cognitiva contemporanea, che ritornano alle radici del pensiero saussuriano più autentico.

Intervista a Tullio De Mauro

Professore emerito dell’Università La Sapienza di Roma
Un’intervista esclusiva per “Istituzione e Differenza” a Tullio De Mauro, una delle figure più rilevanti degli studi di filosofia del linguaggio in Italia, e traduttore del Cours de linguistique générale di Ferdinand De Saussure.

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14 marzo
University Club – Campus di Arcavacata – via Pietro Bucci, Cosenza

9.00
Apertura del Convegno
Saluto del Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici, prof. Raffaele Perrelli, e del Direttore della Scuola Dottorale Internazionale di Studi Umanistici, prof. Roberto De Gaetano

9.30
Istituzione e Differenza
(M. Luminati – Direttore Istituto Svizzero di Roma, F. Raparelli)

10.00
Ginevra e dintorni
(Cl. Forel, Th. Robert)

10.30
Parigi e Dintorni
(R. De Angelis, G. D’Ottavi, L. Cigana)

11.15
Firenze e dintorni

(M.P. Marchese, F. Murano, L. Pesini)

12.00
Discussione generale

14 marzo
Sala seminari Biblioteca di Area Umanistica - Campus di Arcavacata, Cosenza 

15.00
Inaugurazione mostra bibliografica della Collezione Saussuriana della BAU

16.00
Roma, Salerno e dintorni

(F. Albano Leoni, G. Basile, M. De Palo, M. Prampolini, M. Serra, P. Virno)

18.00
Discussione

15 marzo
University Club – Campus di Arcavacata – via Pietro Bucci, Cosenza

9.15
Arcavacata e dintorni
(D. Chiricò, F. Cimatti, A. De Marco, E. Fadda, D. Gambarara, G. Lo Feudo, M. Mazzeo. C. Stancati)

12.00
Presentazione del prototipo di edizione digitale delle opere di F. de Saussure

13.00
Chiusura del Convegno

17 maggio
Istituto Svizzero di Roma – via Ludovisi 48, Roma
ore 17.30

Intervengono:

Jean-Paul Bronckart
Université de Genève

Claire Forel
Université de Genève

Kenneth Lieberman
University of Oregon

Massimo Prampolini
Università di Salerno

Gianni Rigamonti
Università di Palermo

Coordina:
Francesco Raparelli
Libera Università Metropolitana

3 maggio
Esc Atelier Autogestito – via dei Volsci 159, Roma

17.00
Intervengono
Paolo Virno e Daniele Gambarara

discute
Emanuele Fadda

Introduce
Marina Montanelli

L’esatta differenza

Le due definizioni complementari che Saussure dà del termine valore – equivalenza tra cose differenti e differenza tra cose simili (Cours de linguistique général, pp.99 e 140 sgg.) – fanno della differenza (opposizione) la condizione costitutiva della lingua e delle istituzioni in genere. Si pongono le domanda seguenti: è possibile e ha senso cercare le condizioni costitutive della differenza (opposizione) nella lingua? E se ha senso determinarle, cos’è, da che cosa è caratterizzata, in che cosa è a propria volta analizzabile la nozione di differenza linguistica? Parliamo di caratterizzazione in senso non metafisico, ma come operazione nell’uso e nella pratica della lingua. In sostanza, esiste e ha senso determinare la specificità linguistica della differenza? O al contrario cercare risposte a questa domanda è un rito intellettuale vacuo? Alcune brevi considerazioni intendono mostrare a) che esiste una specificità della produzione delle differenze linguistiche; b) che questa specificità può essere descritta e trova riscontro nelle pratiche di apprendimento e d’uso del linguaggio; c) che la differenza, così analizzata e descritta, da categoria astratta risulta invece condizione operante costitutiva dell’intrinseca diversità delle lingue.


Massimo Prampolini, docente di Semiotica, Università di Salerno

19 aprile
Teatro Valle Occupato – via del Teatro Valle, Roma

10.00
Apertura della Giornata di studi

10.30
Saussure, Lacan e il problema del reale
(F. Cimatti)
La langue fait humain et langue fait social: y a-t-il un humanisme saussurien de la langue?
(Ch. Puech)
L’animal darwinien, l’homme saussurien et la filiation rousseauiste
(Th. Robert)
Una lingua “politicamente corretta”. Sull’uso non-ragionevole delle parole e sul tentativo di correggerlo
(R. De Angelis)

Modera
P. Virno

14.30
La langue que nous parlons
(M.-Cl. Capt)

Il Saussure delle leggende germaniche

(R. Galassi)

Il soggetto parlante: “uomo totale” tra psicologia e antropologia sociale
(M. De Palo)

Modera: D. Gambarara

17.30
La metonimia e lo straniero: storia di una sparizione
(M. Mazzeo)

Sulla letteralità
(F. Giardini)

Modera:
F. Raparelli

Durante la giornata sarà attivo un servizio di traduzione simultanea italiano – francese

La metonimia e lo straniero: storia di una sparizione

Una delle distinzioni fondamentali su cui lavora Saussure è quella tra rapporti associativi e sintagmatici. I primi riguardano le associazioni possibili suggerite da un termine qualsiasi della lingua; i secondi riguardano “ordine di successione e di un numero determinato di elementi” (Cours de linguistique général, p. 152). E’ lavorando su questa idea che Roman Jakobson (1956) ha estremizzato il concetto. Nel linguaggio esistono due direttrici: una metaforica legata alla selezione e alla somiglianza, una metonimica legata alla combinazione e alla contiguità. Luisa Muraro (1981) ha sottolineato che il paradigma teorico nel quale ancora oggi ci troviamo invischiati è quello di una “ipermetaforicità” che schiaccia i rapporti metonimici su quelli metaforici. L’intervento si propone di mostrare quanto questo sia vero a partire da un testo fondamentale per il pensiero occidentale, la Retorica di Aristotele. Quella che riguarda la metonimia, infatti, non è una semplice idiosincrasia linguistica ma affonda le proprie radici in un problema antropologico-politico: nell’avversità verso chi ci è contiguo ma distante, prossimo ma non a contatto, verso quel che Aristotele chiama lo xenòs, lo straniero. Parlare per metonimie significa parlare dal punto di vista dello straniero, come se la nostra lingua non fosse del tutto nostra. Con due esiti: uno auspicabile, la formulazione di enigmi (indovinelli, cioè di domande estranianti), e uno temibile, l’involuzione linguistico-antropologica nel barbarismo (un umano non umano).

Marco Mazzeo, ricercatore in Filosofia del linguaggio, Università della Calabria

Sulla letteralità

Bordo della relazione linguistica, la letteralità è tipica di disfunzioni della capacità comunicativa (psicotici ma anche poeti e isteriche). E’ quel che rende gli animali, dotati di linguaggio ma non di lingua (Saussure), un corrispettivo di quel che nell’umano è fallimento e promessa. La letteralità fa saltare i circuiti depositati della langue, fa fallire la comunicazione: se va male, esclusione, se va bene creazione. Anziché percorrere i tentativi di distinguere tra umani e animali – e tra umani e non (meno che) umani (da Aristotele in poi) –  sulla base del linguaggio, il linguaggio animale può diventare occasione per ripensare il politico a partire dall’espressione, capacità materiale, segnica e regolativa. Non tanto “grado zero dell’interpretazione”, bensì recupero di ciò che nel “linguaggio si autolimita ed esce fuori di sé” (Luisa Muraro). Il nesso tra politica e linguaggio diventa così, più che una dimensione statuita della natura umana, una dinamica che costantemente rinegozia le nostre posizioni di parlanti.


Federica Giardini, ricercatrice in Filosofia politica, Università di Roma 3

Una lingua “politicamente corretta”. Sull’uso non-ragionevole delle parole e sul tentativo di correggerlo

Il modo in cui le istituzioni parlano delle persone che comprendono, spesso restituisce un’immagine non-ragionevole della lingua. Ma può una lingua essere “ragionevole”? Affronteremo questo problema seguendo i principi fondamentali della teoria del linguaggio di Saussure e ci soffermeremo su un caso esemplare: il tentativo di sostituire all’uso linguistico corrente una lingua “non-sessista”. La domanda iniziale può porsi allora come segue: è possibile parlare in modo “politicamente corretto”? E cosa vuol dire “correggere” politicamente l’uso linguistico? Affronteremo questo problema analizzando da vicino la relazione fra la lingua – «istituzione senza analoghi», come dice Saussure – e le altre istituzioni, interrogandoci in merito alla (non)ragionevolezza degli usi linguistici.


Rossana De Angelis, dottore di ricerca in Filosofia del linguaggio (Università della Calabria) e Sciences du langage (Université Sorbonne Nouvelle Paris 3)

Lacan e la verità di Saussure

La lettura lacaniana di Saussure coglie gli elementi filosofici impliciti nel lavoro di Ferdinand de Saussure, portandoli fino alle estreme conseguenze, cioè alla dissoluzione del soggetto e alla completa de-psicologizzazione della mente umana. In questo senso Lacan rappresenta la verità di Saussure, ossia vede dove porta il nucleo teorico del suo pensiero.


Felice Cimatti, docente di Filosofia della mente e della comunicazione, Università della Calabria

Ferdinand de Saussure e l’etimologia: aspetti teorici e aspetti didattici

La relazione verterà sull’importanza della ricerca etimologica all’interno degli studi saussuriani di indoeuropeistica, attraverso l’analisi degli scritti editi ed inediti su tale argomento e nella prospettiva del suo ruolo di docente presso l’Università di Ginevra. A tal proposito disponiamo degli appunti inediti di Louis Brutsch relativi al corso tenuto dal maestro nell’anno accademico 1911-1912: Etymologie grecque et latine. Les familles de mots et les procédés de dérivation; Saussure aveva già tenuto un corso specifico di etimologia nel 1893-1894 (Etudes d’étymologie grecque et latine), cui aveva preso parte Charles Bally, e aveva comunque trattato di etimologia in svariati altri corsi. Sugli appunti di Brutsch, insieme a quelli di Riedlinger del primo corso di linguistica generale, si basa l’appendice sull’etimologia del Cours de linguistique générale. L’analisi di questi documenti si configura, quindi, come importante, dal momento che, oltre ad aiutarci a comprendere l’aspetto didattico della carriera di Saussure, gettano nuova luce su alcuni importanti aspetti teorici.


Francesca Murano, Post-Doc, dipartimento di Lettere e Filosofia, Università di Firenze

Ferdinand de Saussure indoeuropeista: considerazioni su alcuni manoscritti

Sebbene la fortuna di Saussure sia legata principalmente alle sue teorie sulla lingua, Saussure è stato prima di tutto un indeuropeista, i cui studi nell’ambito della linguistica indeuropea sono stati fondamentali. Considerando i suoi lavori editi e inediti, risulta chiaramente che non esistono confini netti tra Saussure linguista teorico e Saussure indoeuropeista; nei suoi scritti, molti dei quali ancora inediti, è possibile cogliere in fieri e in stretta connessione con concreti problemi di natura comparatistica l’articolarsi di quel complesso sistema teorico su cui si fonda la linguistica generale del Novecento. In quel gruppo di manoscritti raccolti sotto il titolo Phonétique, depositati presso l’Houghton Library della Harvard University, nei manoscritti sull’accento lituano (Bibliothèque de Genève, Arch. de Saussure 372), nel manoscritto Théorie des sonantes (Bibliothèque de Genève, Ms fr. 3955/1) troviamo, nella trattazione di argomenti di natura prettamente indeuropeistica, considerazioni di tipo teorico che corrispondono a ben note affermazioni presenti nel Cours. Anche in un manoscritto di Saussure sulla legge di Verner (Bibliothèque de Genève, Arch. de Saussure 382, 9), da me edito di recente, si riconosce la forma mentis di Saussure, che imposta ogni suo ragionamento di indeuropeista nella prospettiva di ricostruzione di un sistema.


Maria Pia Marchese, docente di Linguistica generale, Università di Firenze

La lingua come modello per le istituzioni della moltitudine

La lingua ha una vita preindividuale e sovrapersonale. Concerne il singolo animale umano solo in quanto costui fa parte di una «massa di parlanti». Proprio come la libertà o il potere, essa esiste unicamente nella relazione tra i membri di una comunità. La vista bifocale, autonomo patrimonio di ogni uomo isolato, può essere considerata poi, a buon diritto, una prerogativa condivisa della specie. Non così la lingua: nel suo caso è la condivisione a creare la prerogativa; è il tra della relazione interpsichica a determinare poi, per riverbero, un patrimonio intrapsichico. La lingua storico-naturale attesta la priorità del “noi” sull’“io”, della mente collettiva sulla mente individuale. Per questo, non si stanca di ripetere Saussure, la lingua è un’istituzione. Per questo, anzi, essa è l’«istituzione pura», matrice e pietra di paragone di tutte le altre. Un giudizio siffatto non sarebbe pienamente giustificato, tuttavia, se la lingua, oltre ad essere sovrapersonale, non svolgesse anche una funzione integrativa e protettiva. Ogni autentica istituzione, infatti, stabilizza e ripara. La lingua, fatto sociale o istituzione pura, pone rimedio all’infanzia individuale, ossia a quella condizione in cui non si parla pur avendone la capacità. Essa protegge dal primo e più grave pericolo cui è esposto l’animale neotenico: una potenza che resta tale, priva di atti corrispondenti. È concepibile una istituzione politica, nell’accezione più rigorosa di questo aggettivo, che mutui la propria forma e il proprio funzionamento dalla lingua? È verosimile una Repubblica che protegga e stabilizzi l’animale umano nello stesso modo in cui la lingua svolge il suo ruolo protettivo e stabilizzatore rispetto alla facoltà di linguaggio, cioè alla neotenia?

Paolo Virno, docente di Filosofia del linguaggio, Università di Roma 3

Un modello che sfugge

Rispetto alle istituzioni sociali che oggi consideriamo esemplari (a cominciare dal diritto), le lingue sono diverse, una istituzione sans analogues. Nella vita semiologica delle lingue, l’istituzionalizzazione che esse hanno donato ad altri aspetti della cultura non si ritrova. Mentre le altre istituzioni hanno forti apparati di sostegno (vivono la vita di una democrazia rappresentativa, in cui il momento repubblicano prevale su quello democratico), la vita delle lingue è popolare, diretta, plebiscitaria, e per questo la lingua può apparire a Barthes sia l’istituzione più democratica, sia quella più fascista. Stupiamoci, per favore, di quanto pochi e inefficaci siano gli apparati esterni delle lingue: Accademie, grammatiche e dizionari svolgono un ruolo marginale, e lo stesso apparato scolastico dell’educazione linguistica non configura un vero sistema di sanzionamento della standardizzazione, né lo potrebbe. Le lingue devono funzionare da sole come istituzioni, quasi senza apparati esterni. E in esse, l’intervento della facoltà di linguaggio dell’individuo è sempre presente di fronte agli ambigui oggetti materiali che sono i segnali.

La lingua come totalitarismo anarchico

Ci sono due modi per fare una classificazione: o per complicazione, a partire da un’unità semplice posta come minimo comun denominatore, o misurando il grado di avvicinamento a un modello. Saussure utilizza quest’ultimo modo per presentare il campo della semiologia, che è quello delle istituzioni. Una teoria delle istituzioni su base saussuriana (preconizzata da Luis Prieto), dovrà dunque assumere la lingua come modello, e in questo modo potrà risolvere alcune contraddizioni in cui le teorie della realtà sociale e istituzionale oggi à la page – quelle su base searliana – non possono evitare di incappare. Per le sue condizioni di utilizzo, la lingua si propone come l’istituzione perfetta, quella che può permettersi di essere totalmente democratica e totalmente fascista: qualcosa dove tutti comandano e tutti sono comandati, allo stesso titolo, e senza possibilità di rivoluzioni. Nel mio intervento vorrei illustrare questa idea attraverso un percorso che passa attraverso Roland Barthes, Pierre Bourdieu e Ernesto De Martino, ma anche per mezzo di una lettura atipica del Diario romano di Vitaliano Brancati, personaggio cui l’adesione giovanile al fascismo ha conferito una lucidità straordinaria nel leggere i rapporti tra psicologia sociale e individuale che entrano in gioco nell’adesione a un regime totalitario. Gli elogi del bizantinismo (e della Svizzera, che del bizantinismo egli considera l’incarnazione) da parte di questo fascista pentito sono un buon punto di partenza per sviluppare analogie possibili (ma solo fino a un certo punto, perché la lingua è istituzione sans analogue!) con le istituzioni politiche.


Emanuele Fadda, ricercatore in Filosofia del linguaggio, Università della Calabria

12 aprile
Istituto Svizzero di Roma – via Ludovisi 48, Roma

ore 17.30
La lezione di Saussure
di Tullio De Mauro

introduce
Daniele Gambarara

Insegnare Saussure, studiare Saussure: Ginevra

Si sa, la cattedra di Saussure è stata soppressa dopo la morte di Luis Prieto. A Ginevra si insegnano ora altre correnti della linguistica, quali la grammatica generativa e la pragmatica. Ciononostante, l’insegnamento delle idee saussuriane e la riflessione che suscitano sono sempre presenti a Ginevra. Qui il corso di Louis de Saussure presenta i contributi fondanti del Corso canonico di Ferdinand de Saussure e della corrente strutturalista, prima di affrontare le attuali sfide derivanti dalla rivoluzione chomskyana. Curzio Chiesa aveva dedicato vari seminari di filosofia del linguaggio al pensiero di Saussure. Nell’ambito del dipartimento di inglese, si sono tenuti e si tengono ancora seminari su Saussure e Chomsky, e sulle traduzioni inglesi del CLG. Infine, nel semestre autunnale, è stato organizzato un Corso pubblico nell’ambito del quale giovani ricercatori hanno presentato i loro lavori. L’insieme di questi contributi ha permesso di offrire una panoramica dell’opera saussuriana.

Claire Forel, docente di Linguistica, Université de Genève

Insegnare Saussure, studiare Saussure: Ginevra

Si sa, la cattedra di Saussure è stata soppressa dopo la morte di Luis Prieto. A Ginevra si insegnano ora altre correnti della linguistica, quali la grammatica generativa e la pragmatica. Ciononostante, l’insegnamento delle idee saussuriane e la riflessione che suscitano sono sempre presenti a Ginevra. Qui il corso di Louis de Saussure presenta i contributi fondanti del Corso canonico di Ferdinand de Saussure e della corrente strutturalista, prima di affrontare le attuali sfide derivanti dalla rivoluzione chomskyana. Curzio Chiesa aveva dedicato vari seminari di filosofia del linguaggio al pensiero di Saussure. Nell’ambito del dipartimento di inglese, si sono tenuti e si tengono ancora seminari su Saussure e Chomsky, e sulle traduzioni inglesi del CLG. Infine, nel semestre autunnale, è stato organizzato un Corso pubblico nell’ambito del quale giovani ricercatori hanno presentato i loro lavori. L’insieme di questi contributi ha permesso di offrire una panoramica dell’opera saussuriana.


Thomas Robert, dottorando di Filosofia del linguaggio, Université de Genève

L’animale darwiniano, l’uomo saussuriano e la filiazione di Rousseau

Rousseau è certamente il primo ad aver identificato la complessa articolazione tra società, pensiero e linguaggio attraverso il rifiuto della questione delle origini di quest’ultimo nel secondo Discorso. All’uomo silenzioso dello stato di natura è contrapposto l’uomo comunicante dello stato sociale, con la comparsa del linguaggio che costituisce una frontiera netta e apparentemente impermeabile tra l’ipotesi relativa all’essenza dell’uomo e la storia che ne rappresenta la realizzazione. All’estremo opposto, Darwin pare dipingere ne La filiazione dell’uomo un animale che si tramuta gradualmente in essere umano, in particolare attraverso una complessificazione continua della comunicazione che sfocia nel linguaggio articolato umano. Se tutto sembra contrapporre il filosofo ginevrino al naturalista inglese, si può sottolineare un legame forte riguardo all’origine passionale del linguaggio e alla sua influenza politica. Se Saussure respinge proprio come Rousseau la questione delle origini e, preoccupato di fondare una vera epistemologia della linguistica, considera soltanto l’uomo parlante, non bisogna tuttavia concludere che la linguistica saussuriana sia inconciliabile con l’evoluzionismo darwiniano. Far incontrare l’animale darwiniano e l’uomo saussuriano, mediante la filiazione di Rousseau, è una proposta che può rivelarsi fruttuosa per lo sviluppo di una linguistica neo-saussuriana.


Thomas Robert, dottorando di Filosofia del linguaggio, Université de Genève

Saussure, Lacan e il problema del reale

Felice Cimatti, docente di Filosofia della mente e della comunicazione, Università della Calabria

La lingua che parliamo

Il titolo di questa relazione lo dice chiaramente: ognuno di noi, pur non essendo affatto al corrente di questa o quella teoria linguistica, nondimeno pratica assiduamente la lingua. Così, chiunque può entrare con una certa facilità nel vivo del discorso saussuriano. Poiché il pensiero di Saussure è in fondo un invito ad adottare un atteggiamento riflessivo – e quindi critico – sul modo in cui manipoliamo questa rete di segni. In particolare, il saussurismo ci conduce a capire che, lungi dall’essere soltanto «il vestito» del pensiero, la lingua determina l’accesso al pensiero. Mi propongo dunque di sottolineare in che senso, come ha detto spiritosamente Saussure: «la lingua, nel bagaglio dell’umanità, non è un articolo come gli altri». Cercherò di dimostrare che la lingua che parliamo ci propone un certo ordinamento del mondo, ci porta a costruire conoscenze di ogni genere relative sia a realtà esterne sia ai nostri strati d’animo, ci permette di identificarci come soggetti che occupano un determinato posto nei rapporti che stabiliamo con gli altri. Durante tutta la vita, ogni uomo fa incessantemente innumerevoli ricorsi alla lingua. È il motivo per cui Michel Bréal, precursore di Saussure per diversi aspetti e inventore della semantica, ha potuto stabilire che «ciascuno di noi è, in ogni istante, l’artigiano del linguaggio». Vale a dire che la lingua di una data collettività costituisce l’ambiente in cui ogni essere umano sarà condotto a svilupparsi, ad avere una vita sociale, a prendere decisioni e… a rispondere del suo operato. Così l’uomo, grazie a questa sorprendente capacità di reggersi sui segni per vivere, sembra potersi definire come un «animale semiologico».


Marie-Claude Capt, docente di Linguistica, Université de Genève

La lingua fatto umano e la lingua fatto sociale: esiste un umanesimo saussuriano della lingua?

La posterità strutturalista di Saussure ha ampiamente diffuso in svariati contesti l’idea di un anti-umanesimo o a-umanesimo derivante dal Corso di linguistica generale. Se si guarda più da vicino, il corpus saussuriano oggi disponibile permette con ogni probabilità di riprendere da capo questa questione che ha coinvolto, dopo la seconda guerra mondiale, tutte le scienze cosiddette umanistiche. Il fatto è che, per il loro statuto, i grandi principi saussuriani (l’arbitrarietà del segno, la definizione della lingua come fatto sociale, la distinzione tra linguaggio/lingua/parola, la distinzione tra sincronia e diacronia …), così ampiamente commentati, non sono tanto punti di partenza quanto problemi radicali lasciati in eredità da Saussure ai suoi successori, peraltro più come enigmi che come dogmi o come capitale intellettuale da far semplicemente fruttare. Sono proprio alcuni punti di questa antropologia saussuriana paradossale che desideriamo evocare, in particolare partendo dall’idea – espressa la prima volta da Merleau-Ponty già nel 1952 – che da una riflessione sulla temporalità – quella della storia, quella della linearità del significante, quella della “vita semiologica” … – si disegnano i lineamenti di un’antropologia storica del linguaggio… che Saussure avrà personalmente voluto lasciare in cantiere.


Christian Puech, docente di Linguistica, Université Sorbonne Nouvelle – Paris 3

Daniele Gambarara, docente di Filosofia del linguaggio, Università della Calabria

Paolo Virno, docente di Filosofia del linguaggio, Università di Roma 3

Daniele Gambarara, docente di Filosofia del linguaggio, Università della Calabria

Donata Chirichò, ricercatrice in Etica della comunicazione, Università della Calabria

Giorgio Lo Feudo, ricercatore in Filosofia e teoria dei linguaggi, Università della Calabria

Emanuele Fadda

Emanuele Fadda, ricercatore in Filosofia del linguaggio, Università della Calabria

Mauro Serra, ricercatore in Filosofia e teoria dei linguaggi, Università di Salerno

Grazia Basile, docente di Linguistica generale, Università di Salerno

Tra scuola di Ginevra e scuola romana: il convegno saussuriano di Salerno 2004

Marina De Palo, docente di Filosofia del linguaggio, Sapienza – Università di Roma

Saussure tra epistemologia e classificazione delle scienze

Claudia Stancati, docente di Teoria e analisi del linguaggio politico, Università della Calabria

Luca Pesini, collabora con il dipartimento di Scienze dell’antichità, medioevo e rinascimento e di Linguistica, Università di Firenze

Giuseppe D’Ottavi, Post-Doc presso l’ITEM (Institut des textes & manuscrits modernes), ha conseguito un dottorato di ricerca in Linguistica generale presso Sapienza – Università di Roma

Rossana De Angelis è dottore di ricerca in Filosofia del linguaggio (Università della Calabria) e Sciences du langage (Université Sorbonne Nouvelle Paris 3)

Lorenzo Cigana, filosofo del linguaggio, collabora con il Dipartimento di filosofia dell’Università della Calabria

Federico Albano Leoni, docente di Linguistica generale, Sapienza – Università di Roma

Marco Mazzeo, ricercatore in Filosofia del linguaggio, Università della Calabria

Intervista a Marco Mazzeo, ricercatore in Filosofia del linguaggio, Università della Calabria

Massimo Prampolini

Massimo Prampolini, docente di Semiotica, Università di Salerno

Il Saussure delle leggende germaniche

Romeo Galassi, docente di Semiotica e Filosofia del linguaggio, Università di Padova

Quando il differenziale fa la differenza!

Così come si sviluppa ne «L’essenza doppia del linguaggio», l’analisi saussuriana dello statuto del segno stabilisce che quest’ultimo abbia un’esistenza al contempo negativa (non definibile in riferimento a un fondamento esterno), correlativa (le forme si definiscono le une rispetto alle altre) e complessa (né le forme né i significati esistono come tali al di fuori della loro associazione), il che ha condotto Saussure ad affermare talvolta che i segni erano soltanto «bolle di sapone». Ma questa analisi stabilisce anche che la costituzione dei segni procede dall’attuazione di processi psichici, che le unità-segni esistono sicuramente nella coscienza dei soggetti parlanti, e che la loro «vita» si inscrive in una dinamica perpetua di produzione/trasmissione di valori. Questo doppio statuto potenzialmente paradossale non è privo di legami con la perplessità testimoniata dalle note saussuriane relative ai rapporti tra semiologia e psicologia. Sulla base di una nuova analisi delle argomentazioni saussuriane su questi temi, sosterremo che se è vero che i segni sono puramente differenziali, questo statuto non può essere proiettato nel campo del pensiero (radicale assenza di sostanzialismo), ma che anzi, proprio a causa della loro intrinseca differenzialità i segni hanno la capacità di delimitare e costruire queste unità e operazioni cognitive che fanno sì che lo psichismo umano sia radicalmente diverso da quello degli altri animali.


Jean-Paul Bronckart, docente di Scienze dell’educazione, Université de Genève

La didattica della lingua degli altri

La prima parte del terzo corso di linguistica generale è dedicato alle lingue, «l’oggetto concreto che si offre sulla superficie del globo al linguista» (Constantin 2005: 93). Saussure fa notare che «la diversità geografica nello spazio si offre immediatamente e sicuramente» non soltanto al linguista ma a chiunque comprese le ‘popolazioni primitive’. Per i rappresentati di queste ultime, «il carattere della lingua al quale sono costretti a fare attenzione, diviene uno di quelli attraverso il quale si sentono contrapposti a una popolazione vicina». Rimane da capire come si rappresentino la cosa: «come un’usanza diversa che assimileranno alla diversa usanza diversa dell’abbigliamento, dell’acconciatura, dell’armamento», concezione che Saussure approva: «è assolutamente giusto» (Constantin 2005: 95). L’incredibile varietà delle lingue non stupisce più l’allievo di oggi. Nel solo cantone di Ginevra, sono rappresentate oltre cento lingue diverse nella popolazione scolastica, accanto al francese che viene adesso chiamato ‘lingua di scolarizzazione’. E tuttavia, il modo in cui questa differenza si declina rimane il più delle volte oscuro o quanto meno mal interpretato da coloro che imparano. Se solo la lingua potesse essere nomenclatura, in modo che si debbano imparare soltanto le corrispondenze tra gli elementi della propria lingua di partenza e quelli della lingua di arrivo! Ora, gli allievi si confrontano con sistemi diversi senza capire però che sia il sistema della loro lingua familiare che quello della lingua che vogliono imparare sono a loro volta basati su un sistema di differenze e di identità. La differenza nella differenza è una delle sfide dell’apprendimento delle lingue e dell’educazione linguistica che cerchiamo di sviluppare in questa comunicazione.

Claire Forel, docente di Linguistica, Université de Genève

Il soggetto parlante: “uomo totale” tra psicologia e antropologia sociale

Marina De Palo, docente di Filosofia del linguaggio, Sapienza – Università di Roma

La materialità nel linguaggio

Monica Pasquino, dottore di ricerca in Filosofia del linguaggio, presidente Aps S.CO.S.S.E.

Gianni Rigamonti, docente di Logica e Filosofia della scienza, Università di Palermo

Kenneth Liberman, docente di Sociologia, University of Oregon

PER UNA TEORIA DELLA DIFFERENZA

17/05/2013

Tavola rotonda

Il tema della differenza è sicuramente tra i più importanti della filosofia e delle scienze umane contemporanee, basti pensare allo strutturalismo (Jakobson, Levi Strauss, Lacan, Althusser) o a chi dallo strutturalismo, pur dopo aver da questo preso le mosse, si distacca o lo supera (Deleuze, Foucault, Derrida). Saussure è, a tutti gli effetti, un punto d’origine privilegiato della riflessione filosofica, antropologica e psicoanalitica, oltre che linguistica, che fa della differenza e dei rapporti differenziali un nodo concettuale inaggirabile. Scrive Saussure nel Cours: «nella lingua non vi sono che differenze», «differenze senza termini positivi». Presi isolatamente, significato e significante sono l’esito di un puro rapporto differenziale e negativo; prima o indipendentemente da questo rapporto non esistono. Altrettanto, il valore di ogni segno linguistico è tale solo a partire dal rapporto differenziale nella lingua storico-naturale come forma o sistema. Questa costellazione concettuale e le sue derivazioni più perspicue sono la base della discussione nella tavola rotonda del 17 maggio.

LA LINGUA COME MODELLO DI OGNI ISTITUZIONE?

03/05/2013

Dibattito

Saussure, prima e meglio di chiunque altro, pensa l’arbitrarietà radicale del segno linguistico. Nella lingua, sistema o forma distinta dalla sostanza della parole (concreto atto di enunciazione), nulla è imposto dalla natura degli oggetti o dalla conformazione degli stati di fatto. Il significato (signifié) e il significante (signifiant) sono, nel loro legame che costituisce il segno linguistico, interamente arbitrari. Ed è proprio l’arbitrarietà della lingua, insieme infinito di virtuali atti di parole, a fare di quest’ultima ciò che Saussure definisce «istituzione pura». La radicale arbitrarietà del segno linguistico rimanda direttamente al carattere radicalmente sociale della lingua. Si tratta quindi di una istituzione inafferrabile alla mutazione improvvisa, volontariamente determinata, e sempre aperta all’alterazione molecolare, al divenire storico. A partire da queste premesse, il dibattito del 3 maggio discute della lingua come istituzione, modello possibile di tutte le altre.

ANIMALE LINGUISTICO E ANIMALE POLITICO

19/04/2013

Giornata di studi

Tra gli animali, l’uomo è l’unico dotato di linguaggio. A differenza di uno strumento, oggetto di cui ci si può servire e che si può mettere nella cassetta degli attrezzi, l’animale umano non può fare a meno del linguaggio, anzi, possiamo dire che vive il linguaggio. Con esso riorganizza tutte le sue attività cognitive, dalla percezione alla memoria. Cosa significa vivere il linguaggio? Indubbiamente vuol dire avere una mente sociale, dove la dimensione relazionale precede la costituzione dell’individualità. Altrettanto, alla socialità della mente si accompagna il carattere da sempre politico della prassi umana. Esplorare il linguaggio assieme a Saussure significa dunque interrogarsi sulla natura stessa dell’animale umano e sulla storicità della sua prassi. Su questi temi si concentra la giornata di studi del 19 aprile, mettendo alla prova uno sguardo plurale e sperimentale nello stesso tempo.

Biografia

Tullio De Mauro, nato a Torre Annunziata il 31 marzo 1932, è un grande linguista italiano. Ha insegnato Linguistica generale e ha diretto il Dipartimento di Scienze del Linguaggio nella Facoltà di Filosofia e successivamente il Dipartimento di Studi Filologici Linguistici e Letterari nella Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università la Sapienza di Roma che ha contribuito a fondare, insieme ad Alberto Asor Rosa. Allievo di Antonino Pagliaro, ha insegnato a vario titolo in diverse altre università italiane (Napoli “L’Orientale”, Palermo, Chieti, Salerno) dal 1957, come professore di prima fascia dal 1967. Ha tradotto il Corso di linguistica generale (Cours de linguistique générale) di Ferdinand de Saussure. Ha presieduto la Società di Linguistica Italiana (1969-73) e la Società di Filosofia del Linguaggio (1995-97).

TULLIO DE MAURO: LA LEZIONE DI SAUSSURE

12/04/2013

Lezione

Il nome e il lavoro teorico di Tullio De Mauro sono inestricabilmente legati a quelli di Ferdinand de Saussure. La sua edizione critica del Cours (1967), tradotta in più lingue, è stata uno strumento indispensabile per afferrare la forza del pensiero saussuriano e per garantire ricchezza di documentazione ai materiali sistemati e redatti, fin dal 1916, dagli allievi del linguista svizzero Charles Bally e Albert Sechehaye. Dopo la ricerca di Robert Godel e Rudolf Engler, il lavoro di Tullio De Mauro è stato uno dei più influenti per la filosofia del linguaggio dell’ultimo secolo. Il suo seminario  del 12 aprile ci consente di riscoprire l’attualità del pensiero di Saussure, mettendo in piena luce i temi della lingua come «istituzione pura» e sistema di differenze, così come vengono elaborati nel Cours.

INSEGNARE SAUSSURE, STUDIARE SAUSSURE

14-15/03/2013

Convegno

A cent’anni dalla scomparsa del grande linguista ginevrino, emerge in primo piano l’esigenza di riflettere sugli avanzamenti o le battute di arresto delle scuole e degli studi dedicati all’autore del Cours. Nel convegno di Cosenza si confrontano studiosi giovani e meno giovani che si sono dedicati, con impegno duraturo e appassionato, all’insegnamento di Saussure e alla ricerca sui temi a lui più cari. Non si tratta semplicemente di mappare le università o i dipartimenti dove Saussure viene insegnato e studiato, quanto di presentare linee di ricerca inedite e nuovi motivi di insegnamento. Anziché limitarsi a censire quanto è stato fatto fino ad oggi, queste giornate si concentrano su quanto rimane ancora da fare, nella convinzione che Saussure sia un riferimento indiscusso per le scienze umane che mettono al centro della loro ricerca il segno linguistico, la lingua come sistema e la facoltà di linguaggio.

Laboratorio Saussure

Giovedì 16 maggio, in vista della tavola rotonda Per una teoria della differenza che si svolgerà il 17 maggio, nel cortile della Dipendenza dell’Istituto Svizzero di Roma (ingresso da via Liguria 20) sarà aperto al pubblico il Laboratorio Saussure.

Dalle 10 di mattina e fino alle 17 saranno consultabili i testi della biblioteca multilingue. Dalle 17 e fino alle 19, con gli studiosi e i relatori della giornata di studi del 17 maggio, ma non solo con loro, verranno discussi problemi e temi lungo i quali si articolerà il confronto del giorno successivo. Per questa giornata il Laboratorio si unisce al programma del Congresso dei Disegnatori: venite a disegnare la differenza.

Il Laboratorio Saussure è un luogo fisico, all’interno dell’Istituto Svizzero di Roma, e un sito internet dove consultare liberamente studi e ricerche di linguistica e di filosofia del linguaggio. Il Laboratorio dispone di una biblioteca multilingue ricca di materiali fondamentali per scoprire il lavoro di Ferdinand de Saussure e di tanti autori che con il suo pensiero si sono confrontati. È l’archivio vivente di Istituzione e differenza, in cui è possibile trovare studi critici e video-documentazioni, commenti ai singoli incontri e interviste ai protagonisti di ciascuno di essi, testi utili a scoprire, studiare e approfondire le problematiche sollevate dalla linguistica che da Saussure ha preso le mosse, ma non solo. Allo stesso tempo è una pratica per ripensare le forme dell’accesso ai saperi, la loro sedimentazione e accumulazione oltre i tradizionali luoghi della formazione, un laboratorio di condivisione delle conoscenze, una sperimentazione per tradurre e combinare differenti dispositivi di produzione del sapere. Il Laboratorio Saussure è uno spazio di ricerca e scambio in cui discutere e preparare collettivamente ogni appuntamento di Istituzione e differenza.


La Biblioteca dell’Istituto Svizzero di Roma è aperta al pubblico dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 13.00. Per tutte le informazioni e i contatti vi invitiamo a consultare questo link.