La lingua fatto umano e la lingua fatto sociale: esiste un umanesimo saussuriano della lingua?

La posterità strutturalista di Saussure ha ampiamente diffuso in svariati contesti l’idea di un anti-umanesimo o a-umanesimo derivante dal Corso di linguistica generale. Se si guarda più da vicino, il corpus saussuriano oggi disponibile permette con ogni probabilità di riprendere da capo questa questione che ha coinvolto, dopo la seconda guerra mondiale, tutte le scienze cosiddette umanistiche. Il fatto è che, per il loro statuto, i grandi principi saussuriani (l’arbitrarietà del segno, la definizione della lingua come fatto sociale, la distinzione tra linguaggio/lingua/parola, la distinzione tra sincronia e diacronia …), così ampiamente commentati, non sono tanto punti di partenza quanto problemi radicali lasciati in eredità da Saussure ai suoi successori, peraltro più come enigmi che come dogmi o come capitale intellettuale da far semplicemente fruttare. Sono proprio alcuni punti di questa antropologia saussuriana paradossale che desideriamo evocare, in particolare partendo dall’idea – espressa la prima volta da Merleau-Ponty già nel 1952 – che da una riflessione sulla temporalità – quella della storia, quella della linearità del significante, quella della “vita semiologica” … – si disegnano i lineamenti di un’antropologia storica del linguaggio… che Saussure avrà personalmente voluto lasciare in cantiere.


Christian Puech, docente di Linguistica, Université Sorbonne Nouvelle – Paris 3