Bordo della relazione linguistica, la letteralità è tipica di disfunzioni della capacità comunicativa (psicotici ma anche poeti e isteriche). E’ quel che rende gli animali, dotati di linguaggio ma non di lingua (Saussure), un corrispettivo di quel che nell’umano è fallimento e promessa. La letteralità fa saltare i circuiti depositati della langue, fa fallire la comunicazione: se va male, esclusione, se va bene creazione. Anziché percorrere i tentativi di distinguere tra umani e animali – e tra umani e non (meno che) umani (da Aristotele in poi) – sulla base del linguaggio, il linguaggio animale può diventare occasione per ripensare il politico a partire dall’espressione, capacità materiale, segnica e regolativa. Non tanto “grado zero dell’interpretazione”, bensì recupero di ciò che nel “linguaggio si autolimita ed esce fuori di sé” (Luisa Muraro). Il nesso tra politica e linguaggio diventa così, più che una dimensione statuita della natura umana, una dinamica che costantemente rinegozia le nostre posizioni di parlanti.
Federica Giardini, ricercatrice in Filosofia politica, Università di Roma 3
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