La didattica della lingua degli altri

La prima parte del terzo corso di linguistica generale è dedicato alle lingue, «l’oggetto concreto che si offre sulla superficie del globo al linguista» (Constantin 2005: 93). Saussure fa notare che «la diversità geografica nello spazio si offre immediatamente e sicuramente» non soltanto al linguista ma a chiunque comprese le ‘popolazioni primitive’. Per i rappresentati di queste ultime, «il carattere della lingua al quale sono costretti a fare attenzione, diviene uno di quelli attraverso il quale si sentono contrapposti a una popolazione vicina». Rimane da capire come si rappresentino la cosa: «come un’usanza diversa che assimileranno alla diversa usanza diversa dell’abbigliamento, dell’acconciatura, dell’armamento», concezione che Saussure approva: «è assolutamente giusto» (Constantin 2005: 95). L’incredibile varietà delle lingue non stupisce più l’allievo di oggi. Nel solo cantone di Ginevra, sono rappresentate oltre cento lingue diverse nella popolazione scolastica, accanto al francese che viene adesso chiamato ‘lingua di scolarizzazione’. E tuttavia, il modo in cui questa differenza si declina rimane il più delle volte oscuro o quanto meno mal interpretato da coloro che imparano. Se solo la lingua potesse essere nomenclatura, in modo che si debbano imparare soltanto le corrispondenze tra gli elementi della propria lingua di partenza e quelli della lingua di arrivo! Ora, gli allievi si confrontano con sistemi diversi senza capire però che sia il sistema della loro lingua familiare che quello della lingua che vogliono imparare sono a loro volta basati su un sistema di differenze e di identità. La differenza nella differenza è una delle sfide dell’apprendimento delle lingue e dell’educazione linguistica che cerchiamo di sviluppare in questa comunicazione.

Claire Forel, docente di Linguistica, Université de Genève